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lunedì 18 giugno 2012

In una bella intervista rilasciata a Le Monde qualche tempo fa Dimitris Dimitriadis, noto autore teatrale greco, schematizza con le seguenti parole il dramma interiore che sta attraversando la Grecia:


Oggi quello che caratterizza la Grecia è una sorta di stagnazione, di immobilismo mentale. Si rimane intrappolati in abitudini psicologiche e sociali, ci si adagia su una tradizione morta e non si pensa più a rinnovare. Si tratta di un problema gravissimo. Un paese con una storia come la Grecia è bloccato nel meccanismo stesso della storia. Per questo motivo siamo arrivati a questa situazione. Tutto quello di cui si parla, questa grande eredità greca di cui ci si vanta è chiusa in modelli preconcetti, in stereotipi.


Questi modelli sarebbero l’eredità di un sistema politico il cui tratto principale risale alla dominazione ottomana: il clientelismo. E’ davvero questo il problema maggiore della Grecia? Indubitabilmente la corruzione è abbondantemente diramata ed è una delle cause della drammatica situazione in cui versa Atene. Infatti nepotismo e clientelismo sono due vizi ben vivi all’interno della società greca. 



Il voto di ieri tratteggia un paese fortemente parcellizzato in cui però i blocchi di potere tradizionale hanno conservato nel loro pugno il paese. La sconfitta di Alexis Tsipras del partito della sinistra radicale Syriza dimostra come i greci abbiano preferito affidarsi, nel loro maggiore momento di crisi, ad una forza politica conservatrice: Nea Demokratia di Antonis Saramas. Nel futuro appare profilarsi un governo di salvezza nazionale formato dal Pasok e da ND. Tutti concordano sul voler tenere la Grecia allacciata alla moneta unica e all’Europa. Già: l’Europa. La grande assente dal teatro mediterraneo. La Siria brucia, in Egitto i militari hanno riacciuffato il potere e in Libia è in corso una furibonda battaglia tra le disparate tribù che la compongono. Mentre la linea rigorista di Berlino sembra inscalfibile


Il voto greco sembra però aver aperto una piccola breccia nel cuore della Merkel che appare orientata a dilatare di due anni il piano di ristrutturazione del debito greco. Al prossimo vertice europeo ne sapremo di più. Quello che è certo è che fino ad ora l’Europa ha mostrato grossi limiti sia nella gestione della crisi dell’euro sia nella gestione della Primavera Araba. 


In entrambi gli scenari soffia forte il vento delle forze conservatrici e reazionarie. Sembra profilarsi, per l’ennesima volta, un Mediterraneo dal volto oscuro. In cui le forze del cambiamento vengono emarginate in nome della stabilità della moneta unica oppure dalla paura di un possibile governo guidato dai Fratelli Musulmani come sembra suggerire l’evoluzione del sistema politico egiziano. 


Il quadro potrebbe essere il seguente: il Nord Africa divenuta un’aerea oscillante tra voglia di democrazia e conflitti intestini per il potere, l’Europa mediterranea fluttuante e agonizzante e prigioniera del rigore tecnocratico e la Turchia, ormai sempre più lontana da Bruxelles, trasfigurata da possibile partner multiculturale a competitor strategico. Infine il Vicino Oriente dilaniato dalla guerra civile in Siria. In questo quadro l’Europa è immobile. Incapace di costruire una vera unione politica da cui discenda una precisa politica estera capace di operare come elemento di stabilità nel Mediterraneo. 


La Grecia ha sicuramente delle grosse responsabilità nella genesi del suo attuale stato di difficoltà, ma non possiamo dimenticare che al governo monetario bisogna affiancare quello politico. Infatti è quest’ultimo che dovrebbe detenere il potere di indirizzo programmatico sulle politiche economiche europee. Attualmente in Europa tutto questo è ben lontano dall'essere realtà.  I problemi della Grecia trovano sponda nelle modalità di gestione della Bce che non si comporta come la Fed o le altre banche centrali di Giappone e Inghilterra. 


Democrazia, solidarietà e cooperazione mediterranea modellano un trinomio da cui i governi europei stanno ben lontani. Una forma di allergia senza rimedio. Dopo la vittoria della sinistra alle elezioni legislative in Francia, potrà Hollande incarnare il sogno di una nuova stagione politica il cui obiettivo è la costruzione dell’unione politica del Vecchio continente? La speranza è l'ultima a morire.

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