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mercoledì 6 giugno 2012
Sovranità. Il termine più abusato dalla politica isolana che
negli ultimi tempi non può fare a meno di sventolarlo in qualsivoglia
circostanza. Una specie di droga semantica ma politicamente ristrutturante. Un
totem sacro da esibire come nuova promessa di rinascita. Questo vocabolo
delimita svariati significati e la sua spendibilità operativa sfiora dissimili
piani dell'agire umano. Sovrano può essere un individuo, una data
estensione territoriale o una nazione.
Tanto per purificare ogni possibile dubbio, la nazione sarda non è sovrana.
Essa è stata ingegnosamente dichiarata autonoma nella narrazione pubblica, senza avere nemmeno mai posseduto i tangibili poteri di
un'Autonomia fattuale. Il nostro tempo di crisi ha annientato tutte le
classificazioni della sovranità sopra esposte. Il potere finanziario internazionale e 30anni
di propulsione economica liberista hanno lasciato sul campo i rottami contorti della
rappresentanza, svuotando le istituzioni democratiche del potere politico di
poter guidare il destino delle proprie comunità di rifermento.
Nuove
soggettività antropologiche sono sorte in questo lasso di tempo. Una su tutte, quella
dell'uomo debitore. Conformazione sociologica che è subentrata alla figura del
cittadino, dando origine ad una società del debito in cui è possibile consumare
ogni tipo di bene senza avere una solida ricchezza materiale da cui attingere.
In Sardegna bisogna ripartire da queste considerazioni se si vuole congegnare
un prospetto di governo sulle macerie ereditate dall'Autonomia e dalla
congiuntura economia. In questo quadro la parola sovranità assume una funzione
molto precisa che possiamo dividere in due assi programmatici:
1) Ridare potere reale alle comunità locali realizzando un
federalismo interno che sia solidale e che tenga conto della storia e delle
tradizioni presenti nei vari territori dell'Isola;
2) Superare l'Autonomia per approdare in un sistema
normativo sovrano capace di impiantare in Sardegna reali poteri di
autogoverno che siano di garanzia affinché i sardi esercitino i propri diritti di popolo e nazione.
Questi due punti, se portati avanti contemporaneamente, si pongono l'obiettivo
di riformare l'Isola in modo da restituire potere ai cittadini, istituendo nello
stesso tempo una democrazia compiuta di cui oggi di sente fortemente la
necessità. Su di una questione c'è bisongo di fare estrema chiarezza: il "passaggio sovranista"
non chiude le porte all'opzione indipendentista, ma al contrario apre la strada verso una sua possibile
realizzazione.
I punti 1 e 2 non devono essere pensati come degli argini posti all'indipendenza, in quanto entrambi vanno interpretati come un avvicinamento decisivo alla realizzazione di questo obiettivo.
Sovranità e indipendenza sono due strade che prima o poi si fonderanno in un cammino
comune. Quello dell'autodeterminazione della Repubblica di Sardegna.
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