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mercoledì 11 aprile 2012

In un articolo apparso sul Corriere della Sera Tami Shaoul, vice presidente di Corcoran Group, afferma che al momento della vendita di un appartamento condominiale «la palestra, gli spazi verdi e il tetto attrezzato ancora motivano fortemente l'acquisto. Ma i clienti sgranano gli occhi quando scoprono che tra i servizi c'è la biblioteca condivisa». 

Tami Shaoul è un immobiliarista di New York. La Grande Mela è da sempre un punto di riferimento culturale planetario e per questo è sempre interessante analizzarne i nuovi orientamenti. Può quindi un palazzo diventare anche un luogo in cui condividere spazi e relazioni sociali meno liquide? 

L'idea di inserire una biblioteca condivisa all'interno di uno stabile ci fornisce una risposta affermativa a tale quesito. Una stanza piena di libri è un ponte sempre accessibile verso una preferibile comprensione del mondo e della realtà. Avere in comune questi ponti con chi abita sullo stesso pianerottolo può diventare un adeguato strumento volto a congegnare reti interpersonali più solide e meno individualizzate. 

Questo tempo di crisi è anche, per fortuna, un tempo di meditazione. Riflettere: per comprendere che esiste la possibilità di un rilancio dei nostri sistemi sociali se espressioni come cooperazione e condivisione diventano il centro dei nostri comportamenti sociali. Biblioteche, parchi pubblici, orti urbani e mercati possono essere interpretati come zone della condivisione e dello scambio di beni materiali e immateriali. Zone liberate dall’abisso della solitudine in cui troppo spesso ognuno di noi cade. 

Per questa ragione un ambiente urbano in cui la biblioteca diventa parte integrante della realtà quotidiana delle persone è uno spazio raccomandabile all'esistenza. Più consapevole. Bisogna sempre tenere in considerazione che l'accessibilità alla conoscenza è un aspetto fondante della pratica della cittadinanza in quanto la cultura rappresenta un bene pubblico e un diritto inalienabile di ogni essere umano. 

Il suo accesso non può essere delimitante ma deve essere agevolato in ogni modo possibile affinché tutta la società ne tragga utilità. La biblioteca condominiale, inteso come elemento costitutivo dell’abitare quotidiano e come linea diretta verso il patrimonio culturale dell'umanità, potrebbe essere un punto di partenza per realizzare policy vicine ai cittadini e ai loro diritti.  
    
 

2 commenti:

Federica Piras ha detto...

Condivido ogni passo delle cose dette da Nello, purtroppo però sono portata a pensare che questo genere di cose difficilmente verranno applicate su larga scala. Per lo meno sin che chi costruisce i palazzi, continuerà, come lo è per la maggior parte dei casi, ad essere legata in un ciclo incontrollabile di interessi agli stessi politici ed amministratori di vario grado che sono al contrario interessati a tenere divisi e possibilmente in conflitto, i9 cittadini tra di loro e a tenerli il più possibile lontani dai libri e quindi dalla cultura, per poterli meglio governare e continuare a fare i propri interessi indisturbati. Il quesito allora forse diventa: come fare a tenere distinti gli interessi economici e quindi anche di chi costruisce abitazioni ed edifici, da quelli di chi deve amministrare la res pubblica? Come poter far diventare un "affare" conveniente la democratizzazione della cultura?

NelloCardeniaBlog ha detto...

Ciao Federica!Grazie del commento! Quello che tu dici è vero. Far coincidere interesse economico e diritti di cittadinanza non è esercizio facile. Credo che i tempi possano essere propizi per un ridemsionamento della nostra capacità produttiva e consumustica. Questo non vuol dire diventare più poveri ma puntare sulla collaborazione e condivisione nell'utilizzo dei beni materiali e immateriali della società: i beni pubblici. Dai trasporti alla cultura. Le biblioteche condominiali sono un "appiglio cognitivo" per poter ripensare la dimensione dello spazio pubblico. Questo ripensamento può arrivare dal basso ed essere portato avanti a livello istituzionale da politici consapevoli dei tempi di crisi che stiamo attraversando. Non è facile, ma potrebbe partire da qui un processo di democratizzazione. Ne scriverò ancora!