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martedì 1 ottobre 2013
DRUNK ON THE CENTRAL LINE
Forme notturne di cooperazione urbana. Rachel sale totalmente sbronza sulla tube. Central Line. Gongola sui tacchi. E' subito lapalissiano che non ci sarà rimedio alla sua andatura spicciola. Siamo pochi nel vagone. La tube corre verso la zona 3 della sconfinata metropoli. Senza fiatare, ci spostiamo per farla stendere sui sedili. Tutti pensiamo che possa essere un gesto utile. Ma non basta. Come se sedotta da Morfeo, si addormenta in un sol fiato. Il fidanzato, imbarazzato, non riesce a farla scendere ad Holland Park Station. Rachel non si regge in piedi e rimane infossata nei sedili blu della Central Line. Incollata. Scatta nuovamente la solidarietà metropolitana. La prossima stazione è l'ultima utile per rientrare verso casa. Così confessa il fidanzato. Serve acqua. Rachel beve. La mettiamo seduta perchè distesa è persa e irrangiungibile a noi umani. Riusciamo a farla scendere, traballante, a Shepherd's Bush Station. Il ragazzo ringrazia mentre la tube continua verso Ealing Broadway. Loving London.
UNA MATTINA A LONDRA. RESOCONTO POSTCOLONIALE.
Oggi sono off. 32 gradi. Londra assume le sembianze isteriche di una megalopoli meridiana. Decido di andare a Southall, sobborgo suburbano i cui abitanti provengono quasi tutti dalle regioni del Punjabi indopachistano. Per curiosare un pò. Adoro la dispersione culturale che la metropoli globale cova nelle sue viscere più periferiche. Prendo il bus. Il 607. Superata West Ealing, mi accade una cosa che non mi succedeva da tempo. Sono l'unico bianco, o wasungu come mi dicevano in Tanzania, presente nel tragitto verso l'Asia postcoloniale. Ma è tutto normale. Nessuna febbre occidentale penetra nei miei pensieri. L'altro è sempre stato me stesso. Arrivo a destinazione. Scendo. I segnali stradali, nella stazione principale, sono in Inglese e Punjabi. Le radici possono impiantarsi anche dentro il cemento più duro. Percorro la via principale. Sui marciapiedi si annida ogni tipo di merce e cibo. Dai negozi di dischi soggiungono, scintillanti, le melodie del sud est asiatico. Centinaia di DVD creati dall'industria cinematografiga di Bolliwood vengono esposti ovunque. I sari penzolano in ogni dove accecandomi con i loro colori. Gioielli dorati fanno la loro sfilata immobile sotto gli occhi delle ragazze prossime al matrimonio. Ogni tanto sfreccia qualche macchina con la musica a tutto volume di chissà quale famoso cantante punjabi. Ma sono a Londra o in venti minuti sono arrivato in città come Lahore o Amristar? Cammino. Indù, sikh e musulmani hanno le stesse sembianze ma diverse sono le loro forme di vita urbana. Un'unica etnia spaccata dalla religione e dal colonialismo. E' il mese del Ramadan e i ristoranti di Allah sono quasi vuoti. Incontro una moschea in costruzione. Manca il minareto. A un certo punto non resisto e mi catapulto in un negozio di dolci. Compro il Patisa. Un dolce biscottato tipico nel nord dell'India. Torno a casa. Ho fame. Il menu dice: riso indiano, fishcake con salsa dolce thailandese e Patisa. Londra è così. Puoi avere il mondo a portata di mano e di piatto. Basta predere il 607.
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