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domenica 20 aprile 2014
Con l’inizio della XV legislatura il Consiglio regionale della Sardegna si appresta ad affrontare una problematica traversata nel deserto. Il quadro macroeconomico condensa in numeri statistici il dramma che quotidianamente viene vissuto dal popolo sardo. Durante le sue dichiarazioni programmatiche il Presidente Pigliaru ha evidenziato come “il prodotto interno lordo regionale è diminuito di circa il 7% rispetto al 2008 tornando, a prezzi costanti, a livello di oltre 10 anni fa. In pochi anni sono stati cancellati oltre 80mila posti di lavoro. Oggi un sardo su due, nella fascia di età tra i 20 e i 64 anni, non lavora”.
Pertanto la priorità assoluta della nuova maggioranza di centrosinistra non potrà che essere quella di fornire risposte materiali alla emergenza lavoro. Su questo punto non ci possono essere irresolutezze. Oltre al dramma disoccupazione, sussiste un'altra complicazione a cui questa legislatura è chiamata a dare una risoluzione: il ruolo del Consiglio regionale.
Nella precedente Giunta Cappellacci la funzione degli assessorati ha avuto una forza prevalente nella fase costruttiva e attuativa delle policy. Il potere legislativo e quello esecutivo sono stati fortemente concentrati nelle mani degli assessori; delegando i consiglieri ad un ruolo di “controfirma” dell’operato della Giunta regionale. Pregiudicando in tal modo il confronto democratico in aula consiliare, ovvero il luogo deputato alla rappresentanza del popolo sardo.
Su questo delicato passaggio Pigliaru è stato molto chiaro, intervenendo a sostegno di siffatta variazione di paradigma. Il Consiglio regionale deve assurgere alla funzione di controllo e collaborazione rispetto all’operato degli assessorati. Consegnando a questi ultimi le indicazioni programmatiche essenziali nella redazione delle leggi: predisponendole, discutendole e votandole. L’attitudine del potere esecutivo ad appropriarsi delle funzioni di quello legislativo è un ostacolo al regolare funzionamento istituzionale che affligge numerose democrazie contemporanee.
L’Assemblea legislativa sarda non è esente da questa inclinazione. In modo speciale da quando è in vigore l’elezione diretta del Presidente della Regione. Tale visione risulta di fondamentale rilevanza nel momento in cui la Giunta dovrà sviluppare la spinosa questione del mancato adeguamento da parte dello Stato dei limiti di spesa del patto di stabilità consentiti alla Sardegna. Così come previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 118/2012. Secondo i calcoli presentati da Pigliaru l’ampliamento della capacità di spesa crescerebbe di 1200 milioni di euro se quella sentenza venisse osservata. In tale scenario il Consiglio regionale svolge un ruolo decisivo affinché lo Statuto di Autonomia venga rispettato nella sua pienezza costituzionale. A tal proposito una riflessione è doverosa.
Giunta e Consiglio devono impegnarsi reciprocamente nella riscrittura di una nuova Carta Costituzionale dei Sardi che doti la Sardegna di più rilevanti poteri di poteri di sovranità pubblici. Dalla fiscalità ai trasporti. I diritti del popolo sardo non possono essere esercitati a pieno se non si viene fuori dal sistema normativo ricevuto in eredità dall’Autonomia. La vertenza sui limiti di spesa è sacrosanta.
Tuttavia risulterebbe sbagliato considerare un successo su questo versante come talismano risolutivo rispetto ad uno Statuto di Autonomia del tutto inadeguato per le sfide che ci aspettano per il futuro. Su questo punto aspettiamo maggiore chiarezza.
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