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giovedì 26 luglio 2012

La Crisi che stiamo soffrendo è materiale. Attacca senza pietà i sistemi di welfare, la costituzione materiale dei diritti sociali e i salari. Rigore. Austerità. Espressioni dalle quali derivano logiche meccaniche congiunte a processi di impoverimento economici e relazionali di una larghissima parte di individui. Ogni vincolo di solidarietà è messo sotto torchiatura dalle difficoltà della vita quotidiana. 

L'economia finanziaria avvelena i sistemi democratici rischiando di mandare in default le economie di interi paesi. In questi giorni, sotto i riflettori fluorescenti del grande spettacolo mediatico dei titoli di borsa, si trova la Spagna. Anch’essa vittima della bolla immobiliare e del debito privato alimentato da un credito congegnato non per sostenere l'economia reale, ma per alimentare i consumi oltre le possibilità reali del vincolo di bilancio soggettivo. Dentro questo scenario il parlamento catalano ha approvato un documento che chiede a Madrid una revisione profonda dei meccanismi di finanziamento della regione.

La proposta, presentata dal governo nazionalista di centrodestra, si basa sull'idea che le cosiddette chiavi dell'agenzia tributaria, siano in mano al governo autonomo e che solo in un secondo momento quest'ultimo trasferirà allo stato le risorse necessarie a pagare i servizi direttamente erogati dal governo centrale, più un cosiddetto contributo di solidarietà interterritoriale. Quali lezioni si possono trarre da questa vicenda?

1) In Europa esistono nazioni senza stato come la Catalunya e la Scozia che stanno lentamente ridefinendo un possibile assetto istituzionale del Vecchio Continente, grazie a processi politici (referendum per l'indipendenza in Scozia e agenzia tributaria in Catalunya) volti a caricare di potere istituzioni che realmente possono rappresentare le istanze delle loro collettività di riferimento.

2) La "democratura finanziaria" ha denudato i centri amministrativi di prossimità del proprio potere decisionale, per cui in questo momento è in atto una lotta per ridistribuire tale potere da un centro antidemocratico e lontano verso spazi in cui la politica e i cittadini possono essere i detentori ultimi del processo di scelta. 

La vicenda catalana non dovrebbe insegnare qualcosa anche alla Sardegna? I punti 1 e 2 investono in maniera dirompente le problematiche dell’Isola, diventata ormai un non luogo privo di potere in cui non si produce quasi più nulla. Sapremo cambiare rotta? Gli esempi da seguire non mancano. Da Barcellona ad Edimburgo. Magari potremmo partire dal riformare lo Statuto di Autonomia in senso sovranista. Per iniziare a ripredere in mano il destino della Sardegna.

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