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mercoledì 12 settembre 2012
L'11 settembre a Barcellona quasi due milioni di persone
sono scese in piazza per esigere l'indipedenza della Catalunya. L'occasione per
recapitare questo messaggio al mondo è stata la Diada, ovvero la festa
nazionale con cui i catalani ricordano la caduta di Barcellona nelle mani delle
truppe borboniche di Filippo V di Spagna comandate dal duca di Berwick durante
la Guerra di Successione Spagnola l'11 settembre 1714. Nel 2014 la Scozia delibererà
un referendum per l'indipendenza dal Regno Unito.
Nazioni senza stato che
progettano il loro futuro in modo democratico e nel cuore dell'Europa, mettendo
al centro del loro cammino la sovranità fiscale. Siamo nel 2012 e non nell’800.
Invece molti politici e intellettuali sardi tentano di sminuire i temi
dell’indipendenza e della sovranità definendoli astorici. Ottocenteschi
appunto. Forse si sono persi qualche passaggio della contemporanea storia
europea, e ragionano come se fossero le guardie svizzere dello status quo sardo.
Il Parti Québécois ha vinto le elezioni in Québec, riportando gli
indipendentisti al governo e promettendo un nuovo referendum sull'indipendenza
dal Canada. Di tutti questi importantissimi processi storico-politici
ovviamente in Sardegna non se ne proferisce parola. Non si sa mai, meglio far
finta di nulla. Tanto c’è di mezzo il mare.
Probabilmente per la classe
politica isolana si tratta di "robetta" fuori dalla realtà e che
comunque non avrebbe nessuna relazione con la Questione sarda. Come se l'Isola
non avesse bisogno, sia per ragioni storiche che contingenti, di studiare costi
e benefici di queste dinamiche in vista di una riforma dello Statuto e di acquisizioni
di maggiori poteri di sovranità.
Non sono certo una novità i continui attacchi
alla Specialità della Sardegna da parte di vari ministri ed ex ministri del
governo italiano o da affermati editorialisti. In questi casi un urlo atavico
si è alzato da Viale Trento: "l'Autonomia non si tocca". E il
problema sta proprio qui. L'Autonomia non si tocca. Mentre questo slogan
populista vola alto nei cieli sardi come un aquilone impazzito, l'Isola si fa manganellare a Roma.
La
disperazione degli operai dell'Alcoa è la disperazione di tutti noi. Un popolo
in ginocchio. Circondato dal mare. Isolato come forse non lo è mai stato in
tutta la sua millenaria storia. Sui social network in questi giorni ho notato
centinaia di persone condividere entusiasticamente gli articoli sulla
manifestazione della Diada, ma sono sicuro che molti di loro non
parteciperebbero mai ad una manifestazione simile in Sardegna.
A noi piacciono i
viaggi delle speranza verso Roma, l'infinita attesa per la risoluzione della
vertenza entrate, la chimica verde, i poli industriali che non moriranno mai,
(anche solo) pensare di nominare l'aereoporto di Alghero a Cossiga, intitolare
le nostre strade più importanti ai nostri carnefici, fare mille discussioni sulla tassa di soggiorno per poi far pagare cifre esorbitanti per viaggiare da e per l'Isola ecc... Ma dimenticavo l'urlo atavico: "l'Autonomia non si tocca". E questo ci basta per sentire un lieve soffio di
dignità fare capolino sulla nostra Isola. Catalunya e Scozia sono davvero lontane.
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