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lunedì 15 ottobre 2012
Si prospetta un inverno problematico per le regioni. Non
passa giorno senza che vizi e sprechi di questi enti amministrativi vengano sbatacchiati
sulle prime pagine dei giornali. In questo calderone mediatico neocentralista
sono state inghiottite anche le regioni a Statuto Speciale. Principalmente Sardegna
e Sicilia. Rimane esclusa da questo populista girone dantesco solo la virtuosa Provincia
Autonoma del Trentino Alto-Adige.
Questo trend non è una novità dell'ultima
ora. Da un po’ di tempo a questa parte l'istituto regionale è stato messo sotto
torchio dalla stampa, principalmente per gli sprechi di risorse pubbliche da
cui sono discese numerose disapprovazioni sulla sua necessità esistenziale. Le frecce
sono prima partite da qualche ministro per poi incendiarsi con il caso Fiorito,
grazie al quale le maledizioni contro le regioni sono diventate pane quotidiano
delle chiacchere da bar.
Er Batman non
è solo un prodotto tipico del postfascismo pecoreccio e ciociaro, ma rappresenta molto bene
quello che accade più o meno ovunque con il il voto di scambio che trova nel
meccanismo delle preferenze il suo ecosistema ideale. Un voto per una promessa
di lavoro, un voto per una concessione edilizia, un voto per un pass da disabile
senza avere nessuna disabilità ecc...Qui sussistiamo nel campo dell'universale.
Ma in Sardegna?
Nel discorso pubblico che si evince dai quotidiani la
Specialità isolana non viene mai evidenziata, in quanto la percezione complessiva
ritiene che l'Isola sia una regione dello stato italiano al pari del Molise. In
questo passaggio sta l'ennesima conferma che sessant’anni di Autonomia non
hanno fatto altro che deprivare l'Isola di un processo di reale autogoverno,
appiattendo la Sardegna all'interno di uno schema valutativo che non tiene in
considerazione il suo essere una Nazione storica dell'Europa e del
Mediterraneo.
Fattori storici, culturali e giuridici da cui discende i diritto
del popolo sardo a scegliersi un percorso di autodeterminazione in linea con il
diritto internazionale. Attualmente tutti i politici sardi, o quasi, schiamazzano
sull'inviolabilità dello Statuto. Per carità, i Fiorito serpeggiano anche in
Sardegna: di questo dobbiamo farcene una ragione. Ma il punto è un altro. Le
classi politiche che hanno governato l'Isola hanno fatto di tutto per
disintegrare, sia nell’immaginario che nella realtà fattuale, la realizzazione
di una Sardegna sovrana e un giorno indipendente: tutto questo per convenienza
personale e per compiacere a qualche segretario di partito a Roma.
L'Autonomia
non si tocca. Ma quale Autonomia? Quella dello scandalo Tirrenia o della Vertenza
entrate? O peggio, quella che ha sempre rinnegato l’uso della lingua sarda come
elemento fondante dell’identità? Non abbiamo neanche la toponomastica scientificamente
in doppia lingua. Sprecare il fiato non serve. L’Autonomia è già morta per il
semplice fatto che non è mai esistita. Difendere un finto cadavere non fa altro
che sbiadire il proprio essere sul lungo viale della memoria. Con la giunta
Cappellacci la Sardegna ha subito profonde umiliazioni.
Ma non è finita. Perché
a rileggere la storia recente c'è da rabbrividire. Non vorrei che tra qualche
settimana o mese arrivasse in Sardegna il carrozzone bipartisan delle primarie,
magari per promettere che l'Autonomia non si tocca. Ovvero lasciamo tutto così
come lo abbiamo trovato. Tutti a difendere il passato, ma a rimetterci sarebbe
il futuro. Come sempre in questa bellissima terra.
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