Link
Translate my blog
Blog Archive
Post più popolari
-
Eraclito Gli articoli che Ilvo Diamanti divulga su Repubblica sono sempre molto stimolanti e ogni settimana non perdo occasione di legg...
-
Geza Schoen. E' noto alle cronache mondane per essere un maestro dei profumi. Tra i suoi clienti si possono ascrivere Madonna e L...
-
Nel suo ultimo libro Tony Judt , intelletuale americano scomparso nel 2010, afferma che il 1989 ha sancito la fine della sinistra: ...
-
In un articolo apparso sul Corriere della Sera Tami Shaoul, vice presidente di Corcoran Group , afferma che al momento della vendita di un...
-
- English Version I don't remember well, but somewhere I have read that when you make a journey it should be experienced only f...
-
Questa mattina nel corso dell'udienza a sezioni riunite che ha parificato il bilancio dell' amministrazione regionale il presid...
-
Il calcioscommesse. Giocatori che bazzicano con narcos e capi ultrà poco affidabili. Partite truccate per facili guadagni. Lo sport c...
-
In una bella intervista rilasciata a Le Monde qualche tempo fa Dimitris Dimitriadis , noto autore teatrale greco, schematizza con le s...
-
La vicenda della Sassari-Olbia riproduce in maniera compiuta l'attutale rapporto che sussiste tra Sardegna e Italia. Il governo Mo...
-
Sovranità. Il termine più abusato dalla politica isolana che negli ultimi tempi non può fare a meno di sventolarlo in qualsivoglia cir...
Tags
59Rivoli
(1)
ACTA
(1)
Aldgate East station
(1)
Alexis Tsipras
(1)
Alghero
(5)
Ambiente
(1)
Amore
(1)
Anomia
(1)
Anthony Appiah
(1)
Antonis Saramas
(1)
Archeologia industriale
(1)
Asghar Farhadi
(1)
Asian Dub Foundation
(1)
Atlethic Bilbao
(1)
Autonomia
(21)
Barbican Centre
(1)
Barcellona
(2)
Battersea Power Station
(1)
Bologna
(1)
Cable Street
(1)
Calcio
(2)
Calcioscommesse
(1)
Capitalismo
(1)
Cappellacci
(1)
Catalunya
(3)
Cittadinanza
(2)
Cosmopolis
(1)
Coven Garden
(1)
Crisi
(22)
Cruyff
(1)
Cultura
(1)
Dani Rodnik
(1)
David Wark Griffith
(1)
David Wood
(1)
Debito
(3)
DeepWater Horizon
(1)
Democrazia
(2)
Dimitris Dimitriadis
(1)
Diritti
(4)
Domenico Fiordalisi
(1)
Donne
(1)
Ecosostenibile
(1)
Edward W. Said
(1)
Elezioni
(2)
Elezioni americane
(1)
Émile Durkheim
(1)
Eraclito
(1)
Europa
(15)
Euskadi
(1)
Fareed Zakaria
(1)
Filippo Tronconi
(1)
Fiorito
(1)
Fiscalità
(1)
Fondo Sovrano
(1)
Football
(1)
Francia
(1)
Francois Hollande
(2)
Fratelli Musulmani
(1)
Freedompress
(1)
G8
(1)
Galsi
(1)
Gauche Plurielle
(1)
Gay
(1)
Gaza
(1)
Gect
(1)
Geza Schoen
(1)
Gianni Brera
(1)
Giustizia
(1)
Globalizzazione
(3)
Golfo del Messico
(1)
Grecia
(3)
Grillo
(1)
Grunge
(1)
Guerra
(1)
Gus Van Sant
(1)
Hamas
(1)
Harvey Milk
(1)
I Cento Passi
(1)
Illuminismo
(1)
Ilvo Diamanti
(1)
Indipendenza
(14)
Individuo
(3)
Iran
(1)
Islam
(1)
Israele
(1)
Journey
(2)
Kurt Cobain
(1)
Larry Diamond
(1)
Lega Nord
(1)
Liberalismo
(1)
Libertà
(1)
Libro
(1)
London
(4)
Londra
(6)
Maggio
(1)
Maradona
(1)
Marketing
(3)
Maurizio Lazzarato
(1)
Medioriente
(1)
Mediterraneo
(4)
Memoria
(1)
Memory
(1)
Merkel
(1)
Metropoli
(3)
MiIla
(1)
Mine
(1)
Miners
(1)
Miniera
(1)
Monti
(1)
Moschea
(1)
Movie
(1)
MTV
(1)
Multiculturalismo
(1)
Napolitano
(1)
New York
(1)
Nicolas Sarkozy
(1)
Nirvana
(1)
Obama
(1)
Occidente
(1)
Pace
(2)
Padania
(1)
Palestina
(1)
Parag Khanna
(1)
Paralmento Europeo
(1)
Parigi
(1)
Paul Kennedy
(1)
Pelè
(1)
Pep Guardiola
(1)
Peppino Impastato
(1)
Pëtr Kropotkin
(1)
Pigliaru
(1)
Pink Floyd
(1)
Potere
(1)
Premio Pulitzer
(1)
Primavera Araba
(2)
Qatar
(1)
Quentin Tarantino
(1)
Quirra
(1)
Referendum
(1)
Regione
(1)
Repubblica
(2)
Richard Sennet
(1)
Robert Gilpin
(1)
Rock
(1)
Roma
(1)
Romney
(1)
Ryanair
(1)
Samuel P. Huntington
(1)
San Francisco
(1)
Sardegna
(34)
Sardigna
(1)
Sardinia
(2)
Sassari-Olbia
(1)
Satuto
(1)
Scottish National Party
(1)
Scozia
(1)
Serbia
(1)
Sinistra
(3)
Sovranità
(14)
Spending review
(1)
Statuto
(3)
Strada
(1)
Sulcis
(1)
Tablet
(1)
Tariq Ramadan
(1)
The Economist
(1)
Tony Judt
(1)
Traveller
(1)
Trip
(2)
True Romance
(1)
Tube
(1)
Turismo
(5)
Uguaglianza
(1)
USA
(1)
Vertenza entrate
(1)
Viaggiare
(1)
Viaggio
(2)
Walter Benjamin
(1)
Welfare
(1)
Nello Cardenia Blog. Powered by Blogger.
mercoledì 26 dicembre 2012
Monti sì. Monti no. Intorno a questa controversia si è attorcigliata
per settimane l'attualità: trascendendo i confini politici italiani per esondare
nello spazio pubblico europeo. L'ex premier ha partecipato qualche giorno fa al
vertice del Partito popolare europeo, in cui era presente anche Berlusconi.
Durante l'incontro gli sono stati rivolti molti attestati di stima. "Posso solo dire che c'è stato grande
sostegno per Monti" ha infatti riferito il presidente dell'Eurogruppo
Juncker.
Il Ppe rappresenta il contenitore che a livello europeo federa le
culture politiche di ispirazione conservatrice. L'endorsment ricevuto dai maggiori leader popolari europei implica un
valore politico profondo: i conservatori vorrebbero un loro membro alla guida di un
paese fondatore della Cee. Il dilemma "Monti sì/Monti no" trasla da
un quadrante emergenziale - la necessità del governo tecnico - verso le lande
dell’arena politica, ossia la leadership di una maggioranza elettorale da conquistare
tramite elezioni.
La Grande Crisi è ancora viva; da essa ereditiamo tre nodi tuttora
da sbrogliare affinché si possa attivare un paradigma
economico-strutturale diverso da quello finanziario: 1) il trasferimento del potere decisionale dal
management aziendale verso il capitale finanziario; 2) la nascita di un «capitale
impaziente» che punta a generare profitti solo nel breve periodo; 3) l’automazione
funzionale nella produzione di ricchezza (derivati, swap ecc...) con
conseguente rimpicciolimento dell'utilità della capacità umana di essere
coinvolta tangibilmente nella produzione di ricchezza.
Queste tre mutazioni del
capitalismo hanno spazzato via la Piramide weberiana, la famosa
"gabbia" che aveva nella stabilità e nella solidità le due stelle
polari dell'organizzazione sociale. Negli ultimi tempi, secondo il sociologo
Richard Sennet, si è fatta avanti una cultura del capitalismo che predilige il
cambiamento personale a discapito del progresso collettivo. In economia questo
ha portato a un mutamento nel metodo della realizzazione del reddito. All'epoca
del capitalismo industriale si investiva una data quantità di moneta nella
produzione di merci per poi ricavarne altra dalla vendita dei beni e servizi
prodotti (accumulazione).
Il capitalismo finanziario, nel produrre ricchezza, elude
la condizione intermedia della generazione di merci e investe moneta per realizzare
istantaneamente altra moneta. Abbiamo quindi una mutazione genetica delle
modalità di accumulazione del capitale. Internamente a questo quadro si sono sbriciolati
i sistemi di welfare, le relazioni sociali, il pensiero strategico
dell'individuo come pure i poteri normativi delle organizzazioni statuali.
La
grande catastrofe del nostro tempo è raccontata dal fatto che sono in crescita
i soggetti che si percepiscono superflui rispetto alla vita economica della
società di cui fanno parte, avvertendosi immersi in una rete precaria dentro le
cui dinamiche viene a mancare qualsivoglia traccia di coesione sociale e di opportunità
di pensare il futuro. Si è consumatori e individui ma sempre meno si è persone
e cittadini. Anche la politica è diventata processo consumistico. Resta da comprendere
se le forze politiche che sorreggeranno il «montismo» siano portatrici di archetipi
alternativi al quadro appena tratteggiato; oppure se non rappresentino i poteri
che di più hanno contribuito a stabilire gli scenari dell'attuale crisi.
Quali
sono quindi i confini del «montismo»? Il campo progressista e socialista
europeo può farne suoi i contenuti senza smarrire la sua identità esistenziale?
Per questa ragione circoscrivere il
perimetro del «montismo» diventa un valido esercizio utile a capire se esiste
in Europa un'alternativa progressista capace di essere altro rispetto al
liberalismo (conservatore) del Professore; il cui pensiero appare essere l’unico
dotato di rispettabilità politica. Tanto da far proseliti a destra come a
sinistra, quasi a voler assumere i tratti di una nuova cultura egemonica.
Uno
spunto stimolante per alimentare questo dibattito lo fornisce Maurizio
Ferrera, professore ordinario di
Politiche Sociali e del Lavoro presso l'Università di Milano, quando afferma
che in Europa sta facendo capolino un neowelferismo liberale in cui si amalgamano alcuni elementi classici delle tradizioni
liberaldemocratica, socialdemocratica e in piccola misura cristiano popolare.
Elemento cruciale di questa nuovo pensiero è il concetto di investimento
sociale:
La prospettiva dell’investimento sociale ribalta la logica tradizionale: la prima missione del welfare deve essere quella di garantire un «buon inizio» per tutti, dalla fase della prima infanzia; e, man mano che il ciclo di vita procede, sorreggere nel modo più efficace la partecipazione lavorativa, promuovere la mobilità sociale e la lotta alla povertà
La prospettiva dell’investimento sociale ribalta la logica tradizionale: la prima missione del welfare deve essere quella di garantire un «buon inizio» per tutti, dalla fase della prima infanzia; e, man mano che il ciclo di vita procede, sorreggere nel modo più efficace la partecipazione lavorativa, promuovere la mobilità sociale e la lotta alla povertà
Partendo da queste considerazioni è arrivato il momento di
battere un colpo per chi, nel Vecchio continente, confida che sia fondamentale intraprendere
una confronto sul significato di termini come uguaglianza, libertà, welfare e
diritti. Osservati però da una prospettiva di matrice socialista che stia al
passo coi tempi e che riesca a decifrarsi nell’Europa della ricostruzione post-crisi
e del capitalismo finanziario. L'alternativa sarebbe una sola: un «montismo»
senza confini.
martedì 4 dicembre 2012
Secondo gli ultimi dati forniti dall'Istat la disoccupazione
nell'Isola si attesta al 14,6 per cento. Se a questo cifra aggreghiamo i
disoccupati scoraggiati e tutti i lavoratori messi in cassa integrazione negli
ultimi tre anni, il quadro diviene ancora più cupo. Per non parlare del
precariato dilagante tra le giovani generazioni.
Il segretario regionale della
Cisl Mario Medde ha dichiarato all'Unione Sarda del 3 dicembre che "non si
può uscire dalla crisi peggiore della storia autonomistica sarda, confermata dagli
ultimi dati sulla disoccupazione, se lo Stato non riconosce le ragioni del
divario strutturale tra l'Isola e le altre regioni d'Italia".
La Nuova
Sardegna riporta del 4 dicembre che "il governo ha confermato ieri che il
progetto per portare il metano in Sardegna è slittato. La notizia, fatta
trapelare da Sonatrac, la società algerina che partecipa al progetto Galsi, è
stata ufficializzata dal sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De
Vincenti. Il rappresentante del governo ha spiegato che l’Italia sta definendo
le norme specifiche per la realizzazione di un altro gasdotto: si tratta del
Tap, (acronimo inglese di Trans-Adriatic Pipeline), un progetto volto alla
costruzione di un nuovo condotto che connetterà Italia e Grecia via Albania,
permettendo l'afflusso di gas naturale proveniente dalla zona del Caucaso, del
Mar Caspio e, potenzialmente, del Medio Oriente. Per il metanodotto
Sardegna-Algeria è l’ultimo stop in ordine di tempo: la decisione sarà presa da
Sonatrac, (la parte algerina del consorzio) nel maggio del prossimo anno. Ma i
ritardi non lasciano presagire una soluzione positiva".
Intanto che si
svolgevano le primarie del centrosinistra mi sono chiesto più volte quali fossero i pensieri dei
candidati riguardo al futuro della Sardegna. Silvio Lai, segretario del PD, ha
sostenuto al TG3 che dalla vittoria di
Bersani anche l'Isola trarrà dei vantaggi. Questa legittima valutazione mi è sembrata
un tantino ottimista, per non dire ingenua. Se non erro il Galsi fu un cavallo
di battaglia del duo Prodi-Soru.
La verità in questa fattispecie non sta ne
mezzo, ma svolazza decisamente lontana dalle aspettative positive che vengono riposte
in Bersani. I problemi strutturali della Sardegna ricercano delle risoluzioni
di grande respiro, ovvero prendere coscienza che con l'attuale sistema
normativo dell'Autonomia la Sardegna non verrà fuori mai dalla nessuna tipologia
crisi; la cui genesi è indubitabilmente congiunturale ma che nel suo nucleo
resta legata all'assenza di reali poteri di autogoverno.
Il caso Galsi rende
perfettamente l'idea delle criticità in campo, ovvero chi decide cosa e con
quale obiettivo. E' evidente che per il governo italiano il punto focale non è
la mancanza di metano in Sardegna, ma come farlo arrivare nella penisola in
base a ben precise strategie geoenergetiche. Ecco perché la sovranità rimane il
tema centrale della politica sarda. Ed è su questa centralità che bisogna congegnare
un progetto di governo che abbia chiara una singola questione: modificare il
rapporto Sardegna-Italia in maniera concreta in termini di poteri di sovranità
a favore dell'Isola, mettendo nello stesso tempo i diritti del popolo sardo dinanzi
agli interessi dell'Italia.
Le culture indipendentiste hanno già chiaro questo
passaggio. Le altre forze politiche che visioni possiedono? Il nodo da
sciogliere è quello della sovranità, ovvero il potere di decidere il nostro
futuro basandoci sulle nostre risorse e inserendoci nel contesto economico
internazionale. E’ stata la perdita di sovranità da parte della Sardegna a
ratificare la non possibile risoluzione delle problematicità poste fin dai
tempi della Perfetta fusione e ad impedire, come conseguenza, lo sviluppo
dell'Isola.
Sovranità poi, in questo costituzionalismo del nostro tempo, a
molti livelli, può solo significare che non si è estranei alla sfera dove le
decisioni massime diventano co-decisoni. E che si è in grado di cogliere le
interdipendenze di ogni decisione con un’altra: non più su una scala gerarchica
ma in un sistema di convivenze istituzionali. Dentro queste “convivenze
istituzionali”, la Sardegna dovrebbe agire con una soggettività giuridica nuova e indipendente.
Co-decidendo con gli altri, ma da pari.
lunedì 3 dicembre 2012
Disporre i pensieri in
fila è assolutamente impossibile. Il mio cervello non possiede i parametri per
decodificare la marea umana che mi gira intorno. Ho caldo. Riflettere diviene una
ripetizione debilitante dopo aver provato delle percezioni che hanno convertito
il mio essere in un antropico discorde.
Il tema di questa breve narrazione è:
"capire Nairobi". Una metropoli africana di 4 milioni di abitanti. Ci
sono sopraggiunto dopo un massacrante viaggio in pullman trasversalmente al
Masai Mara. Pertanto appaio qui, per scarabocchiare di Kibera. Una delle più
grandi baraccopoli del pianeta. Sarebbe meglio chiamarla Slum. Aver vissuto,
anche se per poco, la quotidianità di tale sito non so tuttora che prezzo da
pagare comporterà per il resto nella mia esistenza.
Qualsivoglia parametro
valutativo balza lontano dalle mie capacità elaborative. Sono scaraventato
dentro un flipper di cui non padroneggio le regole del gioco. Sussisto alla
maniera di una pallina ammattita che non trova riparo in nessuna sponda. Non
riesco più a comprendere se la mia vita sia giusta o errata. Che cosa mi ha
spinto qui? In questo girone infernale disgiunto interi sistemi solari da tutto
quello che consideravo fosse il male. La dorsale estetica che le mie retine
hanno cristallizzato internamente alla mia persona, è un vagare stipato di interrogativi
senza responso.
Perché? Può la vita essere così disumana? Tollerando senza
appello una materialità tanto malsana a un bambino che gioca sull’uscio di casa,
mentre una parte di umanità vive nella più completa inconsapevolezza di simili oggettività.
Avrà senso agguantare un aereo per Dubai questa sera? Illudendosi del luccichio
morboso del petrolio di Allah? Domande come un fiume incastrato in una diga.
Non scorgono apertura mentre sbottano nel ventre molle della mia esistenza.
La
vita in uno slum. Odori, colori, suoni e visioni di cui porterai sempre dentro
la composizione, come se qualcosa avesse la forza di sostituire le tue membra.
Mentre cammino, solo una distesa infinita di case in lamiera e rifiuti. Decine
di migliaia di essere umani conducono la loro esistenza in queste stanze buie
dell’umanità. Stipati come sardine in un ambiente in cui le colline sono discariche
dove trovare cibo. Non trova tregua la mia mente in queste ore pomeridiane.
Il
mio cuore veleggia lontano da me. Il mio centro antropologico è disperso. Sono
in fuga da me stesso mentre bambini
spuntano ovunque. La terra rossa d'Africa qui è un labirinto senza uscita. Non
so se tornerò più indietro da questo sentiero misterioso che il destino mi ha
fatto intraprendere. L'anima è compromessa. Palpare uno slum vuol dire aprire
uno squarcio immenso nel degrado urbano. Tutti i miei sensi si ribellano a
questa estetica infernale.
In questo sconquasso sensoriale parto sbaragliato,
perché dimentico costantemente che l’illuso di questo scampolo di arco vitale
sono proprio io. Mentre intorno a me si alligna e pulsa la tangibilità della
vita, che presumibilmente non avevo mai sperimentato con siffatta irruenta
pienezza.
Proprio oggi mi si è mostrata attraverso il suo aspetto più feroce.
Nessuno può ottenere risposte a tutto ciò. Moschee e chiese mi ricordano che
Dio esiste. Forse. Intorno a me non lo ravviso, e può darsi che non ho neanche bisogno
di cercarlo. In questo pomeriggio africano. Indosso un conto aperto con
Nairobi. I suoi grattacieli. I suoi parchi. I suoi slum. La sua gente. Cammino
e sprofondo nello stesso palpito di terra. Tutti mi sorridono. Sembra che ogni realtà
oggettiva di questa capitale scorra usuale. Forse sono proprio io l'elemento
stonante.
Il tassello errato di un mondo che non padroneggio. Sono un bianco
che vagabonda tra le strade di Nairobi. Ho 23 anni e per un pomeriggio ho
pensato di non essere mai venuto al mondo. Un sorriso di un bimbo mi dona un
lampo di vita. "Capire Nairobi". Non sarà per questa volta. Probabilmente
non lo sarà mai.
Iscriviti a:
Post (Atom)