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mercoledì 22 agosto 2012
Sui quotidiani isolani le parole più abusate della bella
stagione sono state: promessa, vertice
straordinario, tavolo consultativo, visita illustre e vertenza (di ogni tipo e per
tutti i gusti possibili). Questi termini hanno senza sosta bombardato la mia
scatola cranica nel corso di questa bollente estate.
Ho tentato di comprendere,
elaborare e soluzionare lo scorrere magmatico di questo fiume mediatico, ma non
ci sono riuscito. L’unica certezza, ristagna nell’apatica consapevolezza che tale
dipinto comunicativo è solo un quadro conficcato da decenni nel muro della memoria
collettiva dei sardi. E’ sempre lo stesso, ma continuiamo a mirarlo come se
fosse appena fatto. Sardegna 2012. Una landa bagnata dal mare in cui tutto appare
fermo.
L'unico rumore che odo in lontananza giunge dalle onde di questo mare
che ci avvolge con il suo ammaliante azzurro infinito. Ma questo suono ondulante
non copre il vuoto provocato dal silenzio piombato rapacemente sul futuro della
Sardegna. Una silenziosità che è primigenia della mancanza di coraggio delle
classi dirigenti isolane ormai al potere da decenni, e che mai come in questa
terribile congiuntura hanno messo la testa sotto la sabbia. Per non guardare il
fallimento dell'Autonomia in primis.
E poi, per non accettare un semplice
fatto: l'Isola ha bisogno di un reale autogoverno che lasci aperta la strada
verso l'indipendenza. Perché è questa la chiave di volta che la storia invita a
girare al popolo sardo. Eppure molti si ostinano a non voler trovare la
serratura. Preferiscono vivere in una Sardegna afona, gemellati con la speranza
che dal mare possa sopraggiungere la panacea di turno: capace di spazzare vie
tutte le nostre angosce.
Saranno le onde del Mediterraneo a catapultare sulle
nostre coste un futuro migliore? Oppure la soluzione è già qui dentro ognuno di
noi e si chiama libertà? Ovvero essere protagonisti e fautori del proprio
destino. In politica questo si traduce in un progetto di governo che metta la
sovranità al centro dell'agire politico. In questa cornice, quando parliamo di
sovranità del popolo sardo, significhiamo che le decisioni vengono prese a
Cagliari in almeno tre settori: fiscalità, trasporti ed energia. Su questo trinomio
passa il rilancio economico e sociale della Sardegna. Un'ultima considerazione.
Il silenzio aiuta anche a riflettere e il rumore del mare può essere un
meraviglioso elemento di naturale compagnia. Non è mai tardi per mettersi a
correre e per cambiare il destino di un popolo. La chiave del nostro futuro e
nelle nostre mani. Se la infileremo nella serratura giusta non avremo più
bisogno di vertici, tavoli, vertenze ecc ecc...Saremo capaci di farlo?
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