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sabato 12 gennaio 2013
«Dalle grandi crisi e conflitti
possono nascere grandi possibilità». Siffatte parole sono state pronunciate dal
direttore generale di Sogeaal, Mario Peralda, durante la conferenza stampa in cui sono stati
resi noti i dati sul flusso passeggeri dello scalo aereoportuale algherese. Il trend
è positivo: si è verificato un incremento di 4mila passeggeri rispetto all’anno
precedente, a fronte però di una diminuzione delle presenze nella destinazione
Alghero. Luci ed ombre di un comparto, quello turistico, che dovrebbe figurare come
il vettore leader dell’economia cittadina.
Le potenzialità di Alghero sono indubbie
e di certo non scarseggiano sul territorio le competenze professionali per
svilupparle. Ma quale è la visione che dovrebbe dare forma al turismo che verrà?
Il passo iniziale per immaginarla consiste nel fatto di intendere la città come parte
integrante di un distretto unico, comprendente il network attrattivo Castelsardo-Stintino-Alghero.
In Romagna per esempio hanno dato vita alla Wellness
Valley, con l’obiettivo di fare della Romagna il primo distretto internazionale
di competenze nel benessere e nella qualità della vita. Il trinomio Risorse locali-Visione-Missione perfettamente messo a sistema.
In
quest’ottica, Alghero potrebbe fare da capofila per un progetto affine e da ampliare
in tutto nord ovest Sardegna? Se la risposta fosse positiva, si tratterebbe quindi di codificare un innovativo
modello di business connesso da una parte alle nuove tecnologie informatiche e
della comunicazione (web 2.0, 3.0, cloud computing); e per un altro verso costituito,
in maniera complementare all’ITC, dai principi dello sviluppo sostenibile.
Quanto appena affermato riproduce solo alcuni spunti per raffigurare un nuovo schema
competitivo per la città, il quale dovrebbe funzionare per raggiungere tre fondamentali
obiettivi:
1) riconoscimento internazionale dell’offerta turistica e della sua
unicità esperienziale, tramite un processo di accrescimento positivo nella
reputazione della destinazione/distretto e del suo valore rispetto ai bisogni
di un turista sempre più esigente e informato; 2) capacità di attirare investimenti
privati e pubblici per rinnovare la funzionalità delle periferie (urbane e non)
e riconvertire gli spazi pubblici in disuso: puntando in questo modo al
coinvolgimento attivo e diretto di questi siti nel circuito turistico (la Facoltà di
architettura dovrebbe essere protagonista funzionale di tale scenario); 3) congegnare
un legame robusto tra cultura, sviluppo e inclusione sociale, ovvero mirare all’asse
strategico cultura-relazione-valore
per coinvolgere le piccole e medie imprese: dalla gastronomia all’hospitality
management passando per l’arte fino ad arrivare alle produzioni agroalimentari
locali, questi sono tutti compartimenti produttivi capaci di creare posti di lavoro e dare sostegno a politiche di inclusione sociale.
Creative Europe è il nuovo Programma Quadro previsto per l’agenda
2014-2020 annunciato dalla Commissione Europea: 1.8 miliardi di euro per la
cultura, l’audiovisivo e le industrie culturali e creative. In un quadro di attuazione
di un distretto produttivo congiunto alla cultura e all’ecosostenibilità, si
potrebbe considerare di intercettare anche suddetti finanziamenti. Quando si
parla di turismo bisogna prestare attenzione a non ammalarsi di “sviluppite”,
secondo il termine coniato da Giorgio Todde. Ma pur essendo consapevoli che l’economia
non può mai basarsi su di un unico compartimento, il turismo rimane sicuramente
uno straordinario volano per lo sviluppo di una dato territorio.
E per Alghero indubitabilmente
lo è ancora. Il turismo: le terza
industria al mondo per produzione di ricchezza. Un elemento fondante della
globalizzazione dei mercati e del cambiamento dei comportamenti individuali. Alghero
possiede tutte le carte in regola per riorientare la sua immagine internazionale
proponendosi come "green destination":
la capostipite nobile di un nuovo paradigma di governance per l’Isola, capace di realizzare un circolo virtuoso fondato
su cultura, sviluppo sostenibile e politiche di inclusione. L’ingrediente indispensabile
al raggiungimento di un tale scopo risiede in un semplice, quanto difficile,
concetto da operativizzare: la collaborative
business.
Ossia fare sistema e collaborare tra diverse persone e
organizzazioni per raggiungere il medesimo e condiviso obiettivo. Chissà che
non sia proprio questa la sfida più problematica da vincere.
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